New York. L’idea della politica di “tolleranza zero” contro la microcriminalità di cui tanto si parla oggi in Italia è nota per essere stata applicata (anche sui lavavetri) dal sindaco di New York, Rudy Giuliani, negli anni Novanta, ma in realtà è stata elaborata a metà degli anni Settanta in New Jersey da un governatore del Partito democratico. Il piano anticriminalità del New Jersey si chiamava “Safe and Clean Neighborhoods Program” e consisteva nel fornire soldi e mezzi alle varie città dello stato per far uscire i poliziotti dalle macchine e dislocarli per strada. In quel testo apparve per la prima volta la definizione “zero tolerance”. La cosa sembrò finire lì. Nel marzo 1982, però, due studiosi neoconservatori del Manhattan Institute, il centro studi newyorchese che diventò la fucina di idee della sindacatura Giuliani, scrissero un articolo sul mensile liberal The Atlantic Monthly a cui fu dato un titolo apparentemente oscuro: “Broken Windows”, “finestre rotte”. La teoria era spiegata così: “Prendete un palazzo con poche finestre rotte. Se le finestre non vengono riparate, i vandali tenderanno a rompere anche le altre finestre. Alla fine, potrebbero anche entrare nel palazzo e, se libero, potrebbero occuparlo oppure dargli fuoco. Continue reading