Articolo tratto da EastWest.eu
di Manuela Scognamiglio
Andrea Venzon ha studiato tra Milano, Londra e New York. Entra nel mondo professionale nel settore privato, come consulente, per poi passare al settore pubblico qualche anno dopo. Nel marzo del 2017 fonda Volt Europa, che punta alle elezioni europee del 2019. E ha l’ambizione di rivoluzionare il modo di far politica nel vecchio continente.
«Volt nasce come reazione alla Brexit, poco più di un anno fa», racconta Venzon al blog Millennials. «Lo abbiamo pensato come centro di discussione, ma poi abbiamo capito che c’era un crescente interesse, da parte della nostra generazione e non solo, a costruire un progetto e un progetto che fosse europeo. Inizialmente, avevamo pensato di creare un partito nazionale ma poi, analizzando le problematiche, ci siamo resi conto che queste erano per lo più comunitarie (crisi economica, cambiamento climatico). Così, abbiamo pensato a una forza politica transnazionale che faccia politica europea con una caratteristica che spesso la politica europea non ha: essere molto locale. Un partito, per dire, che sia presente alle municipali di Milano e alle municipali di Lisbona e sia anche una forza nazionale ed europea. Imitando un po’ il modello americano».
Come vi siete organizzati e quali sono i vostri obiettivi?
Abbiamo iniziato in 3, senza grandi fondi dietro di noi, con una piccola pagina Facebook e un piccolo sito e adesso siamo quasi 4000 in 26 Paesi europei. Avendo messo su una struttura molto solida (grazie ad eventi, campagne e attività sul territorio per attirare volontari interessati), abbiamo cominciato a pubblicare alcune policy, abbiamo un programma che voteremo a breve a Parigi. Vogliamo far crescere il movimento e allargarlo, iniziare una vera base di partecipazione democratica dei giovani sulle tematiche nazionali ed europee. Vogliamo cambiare il trend della nostra generazione che non si interessa alla politica.
Tutto per poter diventare un vero e proprio partito politico. Il nostro obiettivo è quello di partecipare alle politiche europee del 2019 come partito politico a tutti gli effetti. Se riuscissimo a raggiungere la soglia di presenza del partito in 7 Paesi europei potremmo creare un gruppo indipendente al parlamento europeo, sotto il nome di Volt (siamo già un partito effettivo in Germania, a metà luglio lo saremo anche in Italia e poi Olanda, Bulgaria, Romania). Sarebbe la prima volta che un partito europeo ha una diretta correlazione con i partiti nazionali. Questo contribuirebbe a chiudere il gap democratico che esiste tra Unione europea e cittadini.
Come avete fatto a creare tutto questo iniziando in 3?
Io penso che in questo momento storico c’è un forte bisogno di novità, di qualcosa di rivoluzionario nell’ambito politico. Date le ultime dinamiche politiche: la Brexit, le elezioni in Francia, in Italia, le persone hanno riscontrato un rischio crescente nel diventare più nazionalisti, motivo per cui si mostrano davvero disponibili a mettersi in gioco e a partecipare.
Tante persone si sono unite a noi soltanto vedendo un banner su Facebook o perché un amico gli ha parlato dell’idea. Solo il primo giorno, mi ricordo che abbiamo ricevuto più di 100 volontari con un solo post su Facebook. Ad oggi, abbiamo 4000 persone di cui la stragrande maggioranza è volontaria: lavoriamo online, ci incontriamo e discutiamo.
D’altra parte, noi membri, spesso venendo dal settore privato, abbiamo portato una metodologia un po’ nuova: essere molto efficienti nell’organizzarci. C’è una chiara struttura delle procedure, che ci permette di sprecare molto poco tempo. E questo è un aspetto molto apprezzato dalle persone che ci vogliono dedicare parte del loro tempo libero partecipando al progetto. Se entri in Volt, vieni direttamente allocato ad un team. Ogni team città è a sua volta diviso in team funzioni (mobilitazione sul terreno, eventi, comunicazione, HR, etc.) a livello nazionale come a livello europeo. Allo stesso tempo, siamo pienamente democratici: votiamo oltre ai rappresentanti anche le policy interne.
Siamo riusciti a combinare, quindi, l’efficienza di una struttura giovane, quasi come in una start-up, con tutta la parte democratica, politica e di presenza sul terreno. E forse, se riusciamo a continuare su questo modello anche quando diventeremo più grandi, avremo davvero inventato un nuovo modo di fare politica.
A livello nazionale come vi porreste? Che tipo di partito sareste?
Volt Europa ha 6 grande sfide che vuole affrontare:
- La riforma dello Stato: rendere lo Stato più efficiente, più digitale, ottimizzare l’uso delle risorse statali.
- Il rinascimento economico: rinforzare una crescita economica che sia sostenibile per aumentare la qualità della vita dei cittadini. Non il classico crescere per crescere.
- Uguaglianza sociale: siamo nel continente più ricco del mondo ma tuttora ci sono enormi parti della popolazione che sono sia svantaggiate economicamente che dal punto di vista dei diritti. In Italia, penso al gap salariale delle donne o ai diritti degli omosessuali.
- Equilibrio globale: come l’Europa può partecipare e avere un’azione su temi globali quali il cambiamento climatico, l’immigrazione, il traffico delle armi.
- Partecipazione democratica: come aumentare la partecipazione democratica nella vita pubblica agendo sulla democrazia diretta, che a nostro avviso non funziona: ci vuole maggiore trasparenza governativa.
- Riforma dell’Unione Europea: ultima sfida che sarà uguale attraverso tutto il continente e non adattata ai programmi nazionali: rendere il Parlamento un organo rappresentativo completo e renderlo più efficiente.
Questo l’orientamento macro, poi in Italia, ad esempio, Volt Italia sta scegliendo i temi che sono più rilevanti per il Paese, quali la disoccupazione giovanile, il gap salariale di genere, l’inefficienza della pubblica amministrazione.
Non ci posizioneremo su nessun orientamento destra/sinistra perché secondo noi ha poco senso: proponiamo delle soluzioni e poi la gente valuta l’orientamento della proposta, volendo. Non vogliamo allocarci da nessuna parte, anche perché in Europa ci sono percezioni diverse della destra e della sinistra: puoi essere di sinistra in Italia ma di destra in Francia.
Che cosa state facendo attualmente?
Il primo anno è stato tutto basato sullo strutturarci: stabilire una governance solida all’interno, delle idee chiare. Questo implicava di fare molti eventi di presentazione per attirare volontari. Adesso che abbiamo raggiunto una dimensione che ci permette di lavorare davvero, dopo aver votato il programma alla imminente Convention di Parigi (26 e 27 maggio) inizieremo le campagne. In Italia, per fare un esempio, i team nelle diverse città ci diranno le tematiche da approfondire per portare avanti alcune delle nostre policy e noi lo faremo. Le attività saranno principalmente partecipare alla scrittura delle policy, organizzare eventi, fare fundraising; i più tecnici si occuperanno di analizzare il modo in cui le policy vengono percepite da parte dei votanti.
Entrare in Volt significa ottenere la membership del tuo paese ma anche essere membro di Volt Europa: promuoviamo la partecipazione diretta, che è proprio ciò che manca all’Europa oggi.
A seguito del voto di Parigi, ogni gruppo nazionale avrà un pacchetto di policy e guidelines che si saranno prodotte e i team locali ne decideranno l’applicazione, a seconda delle specificità nazionali. Il programma europeo assicura la coerenza tra tutti i movimenti nazionali.
Come siete organizzati a livello di fondi/finanziamenti?
Adesso siamo completamente crowdfunded: piccole donazioni, da parte di amici e famiglia. Abbiamo cominciato a lavorare con delle fondazioni. Dobbiamo cominciare anche a fare fundraising a scala più ampia, con grandi donatori. In questo, seguiremo la linea normale dei partiti.
Essendo nati come movimento di reazione alla Brexit, cosa ne pensate dell’idea dei 76 parlamentari inglesi che si volevano allocare ai paesi europei e di cui però non si è più sentito parlare?
Noi eravamo ovviamente favorevoli perché era un segno di cambiamento forte e quindi una cosa da accettare. Un po’ come riforma ci sembrava incompleta perché fare una lista transnazionale così ampia implicava che probabilmente solamente i grandi paesi sarebbero stati rappresentati. Però la direzione era giusta, ci piaceva molto e l’abbiamo riutilizzata anche all’interno di Volt: i candidati alle elezioni europee saranno scelti tramite primarie transnazionali. Ad esempio, i candidati italiani verranno votati da tutti i paesi europei e in base a quanti voti prenderanno in Europa, saranno posizionati in lista.
Siete un gruppo giovane? Avete qualche standard che rispettate in questo senso?
L’età media è 35 anni, molti sono under 30 e il 70% dei nostri membri non ha mai fatto politica prima. Poi, come è giusto che sia, abbiamo a bordo anche qualche esperto più senior e che si è già occupato di politica in precedenza, che ci consiglia e aiuta con le policy.
Che pensate di Più Europa? È un partito le cui idee condividete? Perché secondo te non è riuscito ad entrare in Parlamento e in che modo voi in quanto gruppo politico vi differenziate?
Lo spirito e la visione di Più Europa è assolutamente condivisa, almeno da parte mia. Secondo me quello che dovevano fare diversamente era non fare campagna solo su temi europei; bellissime idee ma che al cittadino medio interessano poco o nulla.
Di conseguenza, noi, per esempio, nel nome non abbiamo Europa perché a livello nazionale vogliamo offrire soluzioni molto locali, legate ai problemi e non solo ideologie europee. Oggi abbiamo 70 team in diverse città, facciamo un grande sforzo per uscire dalle grandi città: non siamo solo presenti a Milano e Roma ma anche a Enna, Catania, Bari. E cerchiamo gente a livello locale che non deve per forza interessarsi al budget dell’Unione Europea ma a cui interessano le riforme relative alla pubblica amministrazione, o come combattere la disoccupazione giovanile. Questa credo sia la grande differenza.
Pensiamo che il grande limite di tutti i movimenti politici legati all’Europa è sempre quello di diventare molto elitari e poco connessi con i problemi di tutti i giorni. Ed è proprio ciò che noi vogliamo evitare.
Una storia di presa di posizione, senso di responsabilità e grande coraggio per portare avanti un progetto ambizioso di cambiamento.