L’aumento dell’IVA scatterà solo se la spending review prevista dal Governo con l’ultima legge di Stabilità non sarà sufficiente a comprimere la spesa pubblica. Allora, gli italiani restituiranno, di fatto, gli 80 euro ricevuti sulla busta paga (almeno quei fortunati che li hanno ricevuti): lo faranno attraverso le imposte indirette sui consumi, pagando di più ogni singolo bene acquistato. Infatti, l’imposta sul valore aggiunto grava, in sostanza, solo sul consumatore finale e sul prezzo che questi paga.
Il testo del DdL Stabilità bollinato ieri dalla Ragioneria di Stato conferma, dunque, le indiscrezioni della prima ora e i timori paventati qualche giorno fa. Infatti, nel testo definitivo viene prevista la cosiddetta “clausola di salvaguardia IVA”. Scatterà un primo aumento dell’IVA tra poco più di un anno. E non sarà un aumento da poco. Laddove oggi l’imposta grava nella misura del 22% (gran parte dei beni di consumo) passerà al 24% nel 2016; l’anno successivo (2017) passerà al 25% e solo 12 mesi dopo (2018) sfiorerà il tetto record del 25,5% (per maggiori informazioni sulla clausola di salvaguardia leggi “L’aumento dell’IVA di 3,5 punti % e la clausola di salvaguardia“).
Stessa sorte per l’Iva agevolata che oggi gli italiani pagano nella misura del 10%: in questo caso gli aumenti saranno del 12% per il 2016 e del 13% nel 2017.
Ricordiamo che poco più di un anno fa l’IVA era già stata ritoccata dal 21 al 22%. Mentre circa tre anni fa era ancora al 20%.
Ma quanto costerà agli italiani il passaggio dell’Iva dal 22 al 24%?
Due punti percentuali potrebbe sembrare poco, sin anche per alzarsi dalla sedia e protestare: in una fattura di 100 euro significa 2 euro soltanto.
Purtroppo, almeno per il consumatore, non è così. Quell’aumento di due punti andrà a gravare molto più di questa somma e, soprattutto, a pagare sarà solo il privato cittadino e non gli imprenditori (che possono scaricare quanto hanno pagato a titolo di imposta sul valore aggiunto).
Infatti, l’Iva è un’imposta che si paga ad ogni singolo passaggio della produzione. Sebbene è un’imposta che nasce “neutra” e quindi non dovrebbe ripercuotersi a valanga, in verità, nei fatti, le cose non stanno quasi mai così e ogni volta, l’aumento dell’IVA finisce per determinare sempre un aumento dei prezzi (e, in alcuni casi, anche dell’inflazione). Come detto, almeno nella prassi, i due punti percentuali in più andranno a incidere su ogni passaggio e, quindi, all’atto della vendita al consumatore, l’incidenza sul prezzo finale sarà di gran lunga superiore che non 2 euro.
Inoltre, se gli imprenditori scaricano e, quindi, recuperano l’imposta pagata, non è così per il consumatore che la paga per intero (quindi, per ogni passaggio della produzione avvenuto) e non può neanche rivalersi su altri soggetti.
Senza contare gli effetti che questo aumento avrà in termini di incentivo all’evasione fiscale, prima ancora da parte dei consumatori che dei commercianti.
Tratto da LaLeggePerTutti.it (LINK)