Sanatoria fiscale: incasso da 6,5 miliardi

Gettito netto: 6,5 miliardi. È questa la stima che viene accreditata per l’operazione di rientro dei capitali approvata la notte scorsa alla Camera e che ora passa al Senato per il via libera definitivo. La voluntary disclosure, ovvero la “collaborazione volontaria” di chi ha capitali all’estero e potrà regolarizzare la propria posizione, punta a far emergere circa 30 miliardi. La norma vale anche per i capitali detenuti in “nero” in Italia: si potranno sanare Irpef, Ires, addizionali, Iva e Irap. La regola è la stessa: autodenuncia, nessun anonimato, pagamento intero delle tasse con la normale aliquota ma sconto sulle sanzioni e “scudo” su varie sanzioni penali. “Funzioneranno il bastone e la carota – commenta il relatore del Pd Marco Causi che ha seguito il nuovo provvedimento – chi riemerge ha forti facilitazioni monetarie e non rischia di essere imputato per vari reati, chi non riemerge rischia non solo i reati tributari ma anche il nuovo reato di autoriciclaggio”.

Ma vediamo quali sono le stime sul rientro. Lo stock dei capitali italiani all’estero, non denunciati o solo parzialmente conosciuti, ammonta a circa 150 miliardi (se si conta che con i precedenti “scudi” ne sono rientrati circa 100). Se si ipotizza una adesione del 20% dei contribuenti, che in passato hanno cumulato “tesoretti” in Svizzera o in altri paradisi fiscali, la cifra che rientrerà in patria ammonterebbe a circa 30 miliardi.

Per la metà, circa 15 miliardi, si stima che si tratteranno di risorse completamente sconosciute al fisco: su questa cifra chi opta per la “voluntary” dovrà pagare tutte le imposte evase (soprattutto Ires e Irpef) con una aliquota media del 37%: in tutto 5,5 miliardi. L’altra metà, sempre secondo previsioni accurate, cioè altri 15 miliardi, potrebbe essere già nota al fisco, ma non si sono pagate le regolari tasse sulle “cedole”: calcolando un rendimento standard del 5%, che verrà tassato al 27%, per cinque anni, l’aliquota media sarà del 6,75%: in tutto un miliardo.

Del forte impatto in termini di gettito è convinta anche l’Agenzia delle entrate: “Può rientrare qualche miliardo “pesante””, ha detto ieri la direttrice Rossella Orlandi, anche se prudentemente in via ufficiale il governo ha indicato simbolicamente solo un euro a fronte di tutta l’operazione.

Si tratterà naturalmente di un “incasso” una tantum, ma viste le ristrettezze in cui versa la finanza pubblica e mentre la legge di Stabilità sta arrivando in Parlamento, sicuramente una boccata d’ossigeno per il 2015. L’articolato del resto già prevede esplicitamente la destinazione: riduzione delle tasse, debiti pubblica amministrazione, investimenti.
Come funzionerà il rientro dei capitali? Rispetto ai vecchi scudi fiscali, intanto, non sarà anonimo e non prevederà un forfait scontato: chi rientra – entro il 30 settembre del 2015 e relativamente a violazioni antecedenti il 30 settembre di quest’anno – dovrà pagare le tasse per ciascun anno con la propria aliquota marginale anche se potrà farlo in tre rate.
Gli sconti ci saranno invece sulle sanzioni che saranno ridotte alla metà per chi far rientrare capitali da stati che stanno nella white list (ovvero si pagherà l’1,5 per cento degli importi non dichiarati), mentre per chi ha soldi in paesi black list, come la Svizzera (dove sta l’80 per cento dei capitali italiani) la sanzione sale al 3 per cento. In questa disposizione c’è anche l’incentivo-elvetico, paese con cui il ministro Padoan nei giorni scorsi ha avuto una serrata polemica: se Berna entro 60 giorni firmerà un accordo con Roma, rientrerà nella white list, farà pagare meno i clienti delle proprie banche e non rischierà di perdere la clientela italiana.

Chi accetta la “sanatoria” sarà protetto da tutta una serie di reati penali che sono connessi con la costituzione della provvista “in nero”: omessa dichiarazione, dichiarazione fraudolenta o infedele. Restano invece i reati di falsa fatturazione e quelli connessi con le attività mafiose. “Scudo” anche nei confronti del nuovo reato di autoriciclaggio che non scatterà per chi partecipa alla voluntary disclosure. Il reato, dopo le ripetute richieste dell’Fmi, del G20 e del Gafi, viene introdotto nel codice penale italiano e in futuro si rischieranno fino a 4 anni di reclusione. In furo, al di là della sanatoria, incapperà nel nuovo reato di autoriclaggio chi occulterà e movimenterà i proventi dell’evasione fiscale ma non se li spenderà o li investirà in azienda. In questo caso tuttavia scatteranno i vari reati penali fiscali ordinari.


Articolo di Roberto Petrini
Pubblicato su Repubblica.it (LINK)


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