Non ho capito…esattamente Pompi cosa vuole?

E alla fine si scoprì che era tutta una provocazione. Il Sig. Pompi forse si è accorto del pessimo ritorno di pubblicità che stava avendo questa uscita infelice, commentata così dall’articolo riportato in calce e pubblicato originariamente sul sito Giornalettismo, e ha preferito ritrattare piuttosto che rischiare di subire una (stavolta vera) emorragia di clientela. Sono senza parole…


Tratto dal sito Giornalettismo (LINK)

Ha destato grande scalpore l’annuncio della celebre pasticceria romana Pompi, che ha deciso di chiudere l’esercizio di San Giovanni “per colpa” delle “eccessive” multe ai clienti. Dovete infatti sapere che a Roma era usanza parcheggiare in Nsima fila pur di gustarsi il famoso tiramisù, senza però doversi accollare – come si dice all’ombra del Cupolone – una passeggiata variabile dai 5 ai 20 minuti.

«Recessione è quando il tuo vicino perde il lavoro. Depressione è quando lo perde un tuo familiare. Panico quando lo perdono tutti i tuoi dipendenti…60! Grazie a questo lungimirante Municipio, alle vie limitrofe e ai residenti, i cittadini non avranno più il loro punto di ritrovo a cui erano abituati da 54 anni! Avranno tranquillità e più tempo, per imparare il cinese…vista la prossima apertura, dopo la nostra storica attività romana, di un bazar o ristorante cinese».

Questo il messaggio con cui Pompi annuncia la chiusura (anche se secondo Repubblica, potrebbe riaprire all’Eur), che ha generato non poche discussioni, vista soprattutto la (gratuita) accusa ai cinesi che probabilmente prenderanno il suo posto.

Ora: a tutti dispiace se 60 persone non avranno lavoro ma è veramente antipatico che il buon Pompi se la prenda con il Comune (come osavano multare i clienti in doppia fila!) e con i residenti (si lamentavano del casino e del parcheggio selvaggio ormai celebre forse più del tiramisù). Non si capisce quali siano le richieste di Pompi: i vigili avrebbero dovuto permettere un parcheggio selvaggio tale, a volte, da impedire la circolazione, provocando così disagi anche a tutti gli altri cittadini romani? I residenti avrebbero dovuto “abbozzare”, sempre come si dice a Roma, regalando ore di sonno e tranquillità a casa propria per evitare la chiusura di uno “storico locale romano”?

Vien da chiedersi dove abiti il buon Pompi, e se lui sopporterebbe sotto casa un incessante via vai di gente rumorosa abituata a parcheggiare in modi che la mente umana altrove non avrebbe mai nemmeno lontanamente concepito.

Ma la questione della chiusura di Pompi, e del duro j’accuse da lui lanciato, travalicano i confini della Capitale e raccontano un’imprenditoria italiana troppo ancorata a una mentalità provinciale, secondo la quale il successo – possibilmente made in Italy -è di per sé sufficiente a dimenticarsi della legge. Faccia capire, Pompi, siccome lui aveva successo allora il Comune avrebbe dovuto permettere i parcheggi in quadrupla fila, alla faccia dei cittadini che non hanno negozi di successo come lui?

Ci scusi, Pompi, se non la pensiamo così. Anzi se riteniamo che questa sia l’Italia da lasciare nel passato: quella che si lamenta della legge quando applicarla gli reca danno, quella che “minaccia” le pubbliche autorità sperando di trarne profitto alla faccia della comunità, sbattendo sempre sul tavolo la questione dei posti di lavoro che si perdono, come se fossero un obolo su cui fare trattative per continuare a vivere nell’illegalità.

Questa è l’Italia che non ci piace, e se Pompi la rappresenta così come sembra, staremo felicemente a dieta.

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